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giovedì 17 febbraio 2011

POSTE: MICELI (SLC/CGIL), BANCA DEL SUD FALLIMENTO ANNUNCIATO

DISAGI PER 10 MILIONI E 4000 ESUBERI 

DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI
SEGRETARIO GENERALE SLC/CGIL
 
Le ultime vicende relative all’azione di poste italiane si incaricano di rendere evidenti le scelte che il Governo intende compiere attraverso una mutazione strutturale del tradizionale assetto del gruppo.
Intanto il tema della Banca del Sud con la deroga concessa nel decreto Milleproroghe. Poste potrà utilizzare oltre il 10% del patrimonio esclusivamente per l’attività bancaria. La Banca del Sud può nascere, non sarà un unico soggetto giuridico, ma una lunga catena di comando spezzettata tra Ministero, Poste, banche cooperative, la cui presenza nel Mezzogiorno è perlomeno ridicola. E Medio Credito Centrale (titolare, sembra, delle istruttorie dei finanziamenti dei soggetti richiedenti). Non è il caso di ripetere cose ovvie, perché non è difficile immaginare come già questo “processo” porti in sé il sicuro fallimento dell’operazione. Ovunque si tende a semplificare, ad accorpare per snellire le procedure, e invece qui tutto si complica: vecchia e triste storia dell’intervento dello Stato nel Mezzogiorno quella che prima finanzia promette finanziamenti e poi non spende. Il Mezzogiorno ha bisogno di credito e di banche e sia anche la benvenuta una Banca del Sud, ma che nasca dal territorio e non nelle stanze della politica o dentro il circuito infernale della competizione tra Tesoro e Bankitalia. Sappiamo già che tante risorse destinate al Mezzogiorno diventeranno residui e, come succede ormai abitualmente, utilizzate magari in altre parti del paese o a tappare i buchi della finanza pubblica. A questa operazione, la cui validità è da dimostrare, Poste Italiane parteciperà impegnando risorse considerevoli. Si sa, queste operazioni sono sempre legate agli umori delle classi dirigenti: se cambia il Governo….
Ma è necessario guardare l’insieme dell’azienda e non solo quello che avviene nella sua parte  creditizia.
Con il nuovo contratto di programma, in via di approvazione al CIPE, il servizio di recapito verrà svolto in alcune aree a giorni alterni, e ciò comporterà disagio per 10.000.000 di persone ed esuberi per circa 4.000 lavoratori.
E sempre nello stesso contratto di programma anche gli uffici postali, non tutti, lavoreranno a giorni alterni.
Poste, dunque, entra in un nuovo settore pieno di incertezze, e si indebolisce in quello tradizionale dove, peraltro, da quest’anno vige una piena, completa e positiva liberalizzazione.
Sono queste le scelte del Governo, che per legge fonda una banca e con un contratto diminuisce gli oneri del servizio universale. Siamo preoccupati, ovviamente, per le incertezze sul versante bancario e per l’impatto su servizio e lavoratori che scaturisce dal contratto di programma. Non abbiamo mai negato e non neghiamo la necessità di una riorganizzazione  del Gruppo, dei suoi asset tradizionali ed abbiamo concorso, qualche volta  convinti e qualche altra di meno, alle ristrutturazioni che si sono fatte. Ma si sa, un conto è privilegiare ristrutturazioni competitive, un altro è subire tagli lineari, come nel caso del contratto di programma!
La corrispondenza funziona malissimo, rischiamo una ecatombe nella distribuzione dei quotidiani, la posta celere (j+1) non va. Operando a giorni alterni si perderanno quei clienti che chiedono continuità del servizio e dell’attività aziendale e l’unica soluzione è quella di ricorrere ai fornitori esterni di servizi postali. Attenzione, il servizio universale è affidato a Poste e non a terzi; si rischia di scivolare lungo una china pericolosa.
Chiediamo dunque l’apertura di un tavolo di confronto in grado di affrontare e risolvere problemi che rischiano di diventare devastanti per Poste Italiane.
 Roma,17 Febbraio 2011


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